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MARIA TERESA VALERI

            “Se a te piace la vita tranquilla ed il sonno protratto a giorno pieno, se ti seccano polvere e frastuono di ruote e le osterie, ti consiglierei di andare a Ferentino: infatti non solo ai ricchi è consentito godere del sole …”

Si te grata quies et primam somnus in horam delectat, si te pulvis strepitusque rotarum, si laedit caupona, Ferentinum ire iubebo: nam neque divitibus contingunt gaudia solis ...

(ORAZIO, Epist. I, 17, 6-10)

            Con queste parole il poeta romano Orazio, amico di Mecenate e dell’imperatore Augusto, si rivolgeva all’amico Sceva e, nel consigliargli come comportarsi con i potenti per poter vivere agiatamente in città, lo invitava a scegliere Ferentino per ritemprare le stanche membra, affaticate dallo stress della vita dell’Urbe. 

  

          Ancora oggi Ferentino, in provincia di Frosinone, si presenta al visitatore dolcemente adagiata sulle pendici meridionali di un ameno colle del Subappennino centrale, a circa 395 m sul livello del mare e a dominio della fertile valle del fiume Sacco.

Ferentino, che oggi ha raggiunto i 21.000 abitanti, dista circa 10 km da Frosinone, 75 km da Roma, 150 km da Napoli ed è ben collegata con la Pianura Pontina e con l’Abruzzo. La posizione geografica della città le garantisce un clima salubre, che potenzia la fertilità del suolo del suo territorio di formazione vulcanica, come dimostrato dalla presenza di sorgenti di acque acidulo-solforose. La feracità del territorio giustifica, così, una delle interpretazioni etimologiche del nome Ferentino, secondo la quale esso deriverebbe dal participio presente del verbo fero, che tra i suoi significati annovera anche quelli di “produrre”, “sostenere”.

            La fondazione di Ferentino è avvolta dalla leggenda e dal mito. Si narra di Saturno, che, scacciato dall’Olimpo, si rifugiò nelle amene regioni del Lazio e vi diffuse la civiltà e le arti. Saturno trovò accogliente rifugio anche nella ubertosa Ferentino ed ai suoi abitanti, per debito di sincera riconoscenza, insegnò l’arte di coltivare i campi e le tecniche utili a costruire una vita più comoda e civile. Tale leggenda nacque per giustificare l’ingegnosa abilità degli abitanti, testimoniata dalle numerose ed importanti vestigia monumentali, e per magnificare ancor di più la ridente natura, che circonda la nobile città ernica, dolcemente distesa sul declivio di una collinetta assolata. La chiostra dei monti Lepini, che delimita l’ampia e fertile valle del Sacco a sud, e la brulla catena degli Ernici, che a nord sbarra il corso ai rigidi venti provenienti dall’Abruzzo, creano uno spazio geografico, in cui predomina la vastità del cielo, molto spesso terso e splendente, e la profonda quiete della campagna lussureggiante. Le mura poligonali, che cingono per circa 2.500 metri la collina di Ferentino, si presentano ancora oggi come baluardo poderoso e inespugnabile: gli enormi blocchi calcarei, incastrati tra di loro senza malta cementizia, hanno dato sin dai tempi antichi la suggestione di essere stati messi in opera dai mitici Ciclopi e dai leggendari Pelasgi.

            Così racconta la leggenda, che suscitò grande interesse anche in Marianna Candidi Dionigi, donna coltissima che sul finire del XVIII secolo visitò Ferentino alla ricerca delle glorie romane, che in Ferentino avevano lasciato traccia indelebile. La nobildonna romana rimase stupefatta dinanzi alla monumentalità di Ferentino e le emozioni culturali, artistiche e sentimentali suscitate dalla visione di tanta magnificenza le suggerirono un diario di viaggio, che offrì ai suoi amici romani, invitando anche loro a venire a Ferentino e a rivivere le stupende sensazioni che lei stessa aveva provato e di cui portava imperitura memoria.

            Il visitatore moderno che si incammina per le vie di Ferentino può provare le medesime emozioni di Marianna Candidi Dionigi e può apprezzare l’amenità del paesaggio e la serenità del luogo, così come Orazio sperimentò. I numerosi monumenti ferentinati rappresentano e testimoniano emblematicamente la storia civile, religiosa, economica e culturale della città, sempre attenta sin dall’epoca più antica a lasciare un segno significante nella storia, coniugando nell’arte e sotto il controllo del buon senso il rispetto dell’ambiente naturale, delle tradizioni, della fede, dell’ospitalità, del confronto e della progettazione innovativa con la ricerca della Bellezza nei valori dell’equilibrio e dell’armonia.     

            Se si potessero cancellare le superfetazioni moderne, che tuttavia costituiscono la caratteristica peculiare di una città che ha avuto una eccezionale continuità di vita, si potrebbero provare le stesse identiche sensazioni che provarono gli antichi viandanti della via Latina, quando si approssimavano alla città di Ferentino: questi vedevano una città costruita alla maniera scenografica delle città ellenistiche, costruite a terrazze ornate da sontuosi edifici emergenti a dominio della vallata sottostante. Balzava dapprima alla vista la poderosa cinta muraria in opera poligonale, che, quasi integra nella sua estensione di circa 2500 m, si presenta ancora oggi come baluardo poderoso e inespugnabile, tuttavia aperta  al territorio circostante grazie alle sue numerose e monumentali porte. A coronamento della città svettava snella ed elegante la mole dell’Acropoli, terrazzamento ultimo della collina, su cui certamente si ergevano insigni monumenti templari, simbolo della potenza e della magnificenza cittadina.

Lo straordinario impianto scenografico del grandioso terrazzamento dell’Acropoli ferentinate è stato probabilmente l’evento edilizio eminente della ristrutturazione urbana, che ha visto realizzarsi la pianificazione regolare e funzionale delle aree urbane secondo lo schema coloniale. Tale evidente cura per la imponente struttura scenografica della città si inserisce perfettamente nella edilizia romana di gusto ellenistico, promossa dalle classi imprenditoriali italiche già a partire dalla fine delle guerre puniche. Ancora oggi una attenta osservazione dei monumenti archeologici presenti nel centro storico di Ferentino ci aiuta a riconoscere le tracce della bellezza della città antica.

Di quella bellezza, raggiunta mediante l’equilibrato accordo tra monumentalità ed essenzialità, tra cultura ellenistica e concretezza italica, anche Titinio, commediografo latino del II sec. a.C., contemporaneo di Plauto ed autore di commedie di ambiente e di argomento romano, dà testimonianza nella frase “Ferentinatis populus res graecas studet”, verso superstite della sua commedia intitolata Psaltria seu Ferentinàs ovvero “La ballerina o La ragazza di Ferentino” [PRISCIANO, GLK II, 129, 15]. Davvero i Ferentinati nel II secolo a. C. non erano insensibili al fascino della eleganza monumentale della civiltà ellenistica ed amavano circondarsi dei segni della più raffinata cultura artistica greca.

La città appare saldamente munita da una poderosa cerchia muraria lunga 2500 m ca., che segue fedelmente il rilievo della collina, sfruttando spesso come fondazione la stessa roccia viva. Ferentino sorge dalla pietra e nelle pietre che la costituiscono si può leggere ininterrottamente la sua millenaria storia. Esempio chiaro di archeologia urbana, Ferentino moderna con mirabile continuità di vita si fonda sulle strutture della città antica: da esse prende sostanzialmente la sua forma attuale e anche nelle inevitabili varianti, stratificatesi nel trascorrere dei secoli, manifesta la straordinaria capacità avuta dai suoi antichi costruttori nell’adattare e nel rinnovare le strutture urbane in funzione dell’orografia del sito e delle diverse contingenze storiche, economiche e culturali.



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